Nuove tecnologie & impatto sociale
0 commenti 7 Maggio 2014

Pubblichiamo una riflessione di Maurizio Busacca (Università Ca’ Foscari Venezia | Sumo, Venezia) sul rapporto tra tecnologia e impatto sociale, nato in occasione del seminario #tech4ability tenutosi il 6 maggio a Milano.

 

Grazie per il contributo e buona lettura!
Discutere di tecnologie ad impatto sociale in una fase di accelerazione tecnologica contrassegnata dalla doppia dimensione della socializzazione e della customizzazione è come dichiarare di aver scoperto l’acqua calda. Già nel corso degli anni ’50 del Novecento le ricerche condotte al Tavistock Institute di Londra da E. Trist e K. Bamforth avevano bene evidenziato come le variabili sociali e quelle tecnologiche concorressero in pari misura a definire un sistema produttivo, ridimensionando così il ruolo della tecnologia a fattore di co-determinazione dei modelli di organizzazione. Sono bastati poco più di sessant’anni per scordarci le origini, ma soprattutto le riflessioni e le analisi, che hanno fondato il pensiero socio-tecnico, che pure in Italia ha trovato illustri autori.

Leggere il presente senza recuperare quella storia del pensiero sociale è come fare di conto senza conoscere l’insiemistica. Meccanicamente si può fare! Tralasciando però ogni tentativo di comprensione dei fenomeni che fondano l’essenza di un presente sempre più terrificantemente veloce. Corriamo il rischio, quando non ci siamo già caduti, di scivolare verso una visione deterministica della realtà in cui l’introduzione di nuove tecnologie più o meno dirompenti genera un conseguente cambiamento nell’organizzazione sociale. Ecco che allora, in men che non si dica, si fanno largo quelle retoriche che identificano in singoli prodotti tecnologici il fulcro di rivoluzioni sociali. Tutto il can can mediatico sorto attorno alle stampanti 3D è uno degli esempi più evidenti. In una sorta di mitologia del presente, la stampante 3D viene presentata come l’arma attraverso la quale i makers “rivoluzionari” daranno inizio alla terza rivoluzione industriale. A dispetto delle aspettative, i Google-Glass non sono ancora riusciti a dare origine ad una retorica altrettanto potente, ma lasciamo tempo al tempo…

Esiste ancora però uno spazio di riflessione nel quale l’attenzione alle nuove tecnologie si intreccia indissolubilmente con quella sull’impatto sociale. Il ciclo di appuntamenti che Make a Cube e Avanzi hanno promosso il 6 e il 12 maggio a Milano rappresentano molto bene uno spaccato di questo spazio di riflessione nel contesto italiano. In occasione di #tech4ability del 6 maggio, tre team di neo-imprenditori hanno presentato tecnologie a supporto della disabilità, di fronte ad una platea di oltre 50 player del settore sociale e sanitario. Partner dell’iniziativa Fondazione Filarete, l’acceleratore d’impresa che con oltre 15 realtà insediate, laboratori attivi e un’importante partnership con Microsoft è uno degli attori fondamentali di un nascente sistema di imprese che fanno ricerca e sviluppo nel settore della salute. Come ha precisato Matteo Bartolomeo in apertura dell’incontro, non si sarebbe trattato di un seminario quanto piuttosto di una discussione orizzontale per far collaborare i diversi attori presenti e trovare strade capaci di aumentare l’impatto delle nuove tecnologie assistive. L’obiettivo dell’incontro è stato chiaro: collaborare per costruire un ecosistema in grado di favorire il matching tra i bisogni sociali e sanitari e una disponibilità tecnologica che non ha pari nella storia. I racconti dei team di Xtensa, Fifth Element e Media Hospital hanno la consapevolezza di come le tecnologie non siano la cura ma uno strumento per favorire l’accesso a cure e terapie che offrono la possibilità di immaginare un futuro migliore del presente.

Gli spunti sono davvero tanti e, cosa tutt’altro che scontata quando si parla di tecnologie innovative, tirano in ballo quasi sempre il mondo dell’impresa sociale, riconosciuta dai più come quel soggetto partner capace di stimolare e connettere gli altri tre mondi che hanno le mani in pasta sull’argomento: destinatari finali, agenzie pubbliche e imprese innovative. Si tratta di mondi che parlano lingue diverse e che soprattutto viaggiano a velocità completamente differenti. E nel campo delle tecnologie abilitative tutti e tre si relazionano con l’impresa sociale. Il ruolo non è secondario e forse neanche del tutto agevole ma certamente fondamentale per far funzionare tutti gli ingranaggi dell’innovazione di sistema. Ma per assolverlo appieno servono almeno due sforzi: aprire canali di comunicazione tra imprese tecnologiche e sociali e iniziare a pensare in grande. Se è vero che il calcio balilla, la valigia trolley e le tapparelle elettriche sembrerebbero essere state inventate all’interno di percorsi sulla disabilità, sono anche la dimostrazione che i propri mercati di riferimento possono essere molto più ampi di quelli settoriali e possono condurre l’impresa sociale su terreni del tutto nuovi, nei quali la sfida per l’impatto prevale su quella per l’innovazione.


Per un’altra buona lettura, sui temi dell’innovazione sociale, suggeriamo:
Maurizio Busacca (2013), Oltre la retorica della social innovation, Impresa Sociale.

Fotografia di Giulio Boem

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