Economia cooperativa: focus sulla cooperazione sociale
0 commenti 30 Ottobre 2015

E’ stato presentato qualche settimana fa il Terzo Rapporto Euricse sulla cooperazione in Italia: Economia cooperativa: rilevanza, evoluzione e nuove frontiere della cooperazione italiana. L’indagine restituisce una stima della rilevanza economica e occupazionale del sistema cooperativo e analizza la dinamica sperimentata dalle cooperative italiane nel corso degli anni 2011-2013 e negli anni della crisi (2008-2013), anche in rapporto ad altre forme di impresa.

Di seguito una nostra selezione di alcuni temi che riguardano da vicino le imprese e cooperative sociali.

 

La cooperazione sociale: dinamica economica ed occupazionale
Chiara Carini, Carlo Borzaga
Sin dalla loro introduzione nell’ordinamento giuridico italiano le cooperative sociali hanno conosciuto un forte sviluppo, trainato dalla crescente domanda di servizi sociali, educativi e di inserimento lavorativo. Secondo dati ISTAT e INPS, il numero delle cooperative sociali italiane è passato da 5.674 nel 2001, a 7.363 nel 2005, a 11.264 nel 2011 fino a 13.041 nel 2013. Altre analisi recenti hanno dimostrato che, anche nei primi anni della crisi, le cooperative sociali hanno dimostrato una buona dinamicità, superiore a quella di altri settori cooperativi, registrando un aumento, tra il 2008 ed il 2011, sia del livello di attività complessivo che del numero di occupati. Questo capitolo del Rapporto estende il periodo d’osservazione in modo da fornire un quadro della dinamica economico-patrimoniale ed occupazionale delle cooperative sociali dall’inizio della crisi economica fino al 2013.

 

Per chi e per quanti opera la cooperazione sociale
Flaviano Zandonai, Silvia Rensi
Le domande di ricerca sulla cooperazione sociale sono plurime, così come gli oggetti di indagine: dallo studio delle forme giuridiche alle competenze e motivazioni dei lavoratori, dagli assetti di governance alle peculiarità dei beni e dei servizi prodotti. In questo quadro articolato esiste un “convitato di pietra”, un tema spesso evocato, ma fin qui approfondito solo per aspetti specifici: il ruolo degli utenti che, attraverso varie modalità, beneficiano di ciò che le cooperative sociali producono. La risposta ai bisogni e, più in generale, l’orientamento dei consumi appare sempre più legato alla capacità di coinvolgere soggetti in grado di aggregare la domanda, di intervenire attivamente nei processi produttivi e, non da ultimo, di riconoscere elementi di valore riconducibili non solo alle qualità intrinseche del bene, ma anche ad altri elementi intangibili legati, ad esempio, alla dimensione sociale e ambientale. La cooperazione sociale, da questo punto di vista, è tutt’altro che estranea a questi processi, anzi ne è maggiormente coinvolta, considerando la natura della sua produzione e le finalità che persegue. Grazie all’elaborazione dei dati del datawarehouse dell’ultimo Censimento Istat delle istituzioni nonprofit, questo capitolo del Rapporto ricostruire lo scenario dei “destinatari di servizi con specifico disagio”, ovvero di fasce di utenza che, per ragioni diverse, manifestano bisogni di assistenza, cura, educazione, ecc. che vengono soddisfatti dalle istituzioni nonprofit, tra le quali anche le cooperative sociali. I dati riferiti a questi soggetti sono particolarmente rilevanti perché colmano un importante gap informativo: consentono infatti di guardare alla cooperazione sociale non dal consueto punto di vista della disponibilità di risorse economiche, umane, strutturali, ma guardando ai beneficiari delle sue attività.

 

Ruolo della cooperazione nel recupero delle terre confiscate
Michele Mosca
La cooperazione sociale è stata espressamente riconosciuta come uno dei soggetti che possono concorrere al riutilizzo per finalità sociali dei beni confiscati alle organizzazioni criminali attraverso concessioni d’uso a titolo gratuito, in quanto in grado di svolgere un’importante azione deterrente alla diffusione di comportamenti illegali, rendendo concrete le politiche di contrasto alla criminalità organizzata. Le mafie creano sui territori dove operano “capitale sociale mafioso”, generano e si impossessano di legami fiduciari, di relazioni, per dominare così i rapporti sociali e commerciali, sostenendo e generando i comportamenti illegali. Esse utilizzano, infatti, legami e reti che costruiscono nei territori tra gli individui e tra questi e le istituzioni, ostentando forza e potere, diffondendo il mito dell’invincibilità e la capacità di produrre ricchezza per i propri aderenti. Per tali ragioni, diventa cruciale l’intervento sul “capitale sociale” perché la sua rigenerazione può determinare una diversa allocazione dello stesso, orientandolo al sostegno e alla promozione delle libertà sostanziali delle persone e degli interessi generali di una comunità democratica. Il modello della cooperazione sociale, grazie alla sua capacità di costruire percorsi d’imprenditorialità volti a perseguire obiettivi d’interesse generale, come la coesione sociale, può svolgere un’azione incisiva realizzando contemporaneamente produzione di beni e servizi e azioni di prevenzione di comportamenti illegali.

 

Costi e benefici delle cooperative di inserimento lavorativo
Sara Depedri
I numeri lo dimostrano: in linea con la positiva dinamica che continua a caratterizzare, nonostante la crisi, le cooperative sociali nel loro complesso, anche le cooperative sociali di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati – le cosiddette cooperative sociali di tipo b hanno registrato negli ultimi vent’anni una crescita continua. Interessanti risultano in particolare i dati occupazionali, da cui emerge che le cooperative sociali italiane sono riuscite, nel corso del 2013, ad offrire occupazione regolare (escludendo quindi altre forme di impiego come gli stage e le borse lavoro) ad oltre 30 mila soggetti svantaggiati.

 

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