Impresa sociale: palla al terzo settore
0 commenti 1 Aprile 2016

Utilizzando un’espressione un po’ âgée si potrebbe dire che il “dato politico” più rilevante per l’impresa sociale nella riforma del terzo settore è la sua definitiva incorporazione nel terzo settore stesso. Leggendo il testo della norma che, dopo l’approvazione al Senato passerà ora alla Camera per il “via libera” finale, è chiaro l’intento del legislatore nel correggere una prima bozza dove l’ancoraggio dell’impresa sociale al terzo settore non era così stringente, come peraltro facemmo notare anche in un post di Iris Network.

Probabilmente hanno contribuito alla riscrittura sia fattori endogeni (come la lobby esercitata dal Forum del Terzo Settore soprattutto nelle ultime settimane), sia variabili esogene, come l’approvazione dell’articolato sulle “Società Benefit” che ha contribuito a delimitare il campo sociale sul versante dell’imprenditoria for profit, costituendo quindi una sorta di “vallo” per un’impresa sociale tentata di sconfinare oltre il suo alveo costitutivo, ovvero quello del terzo settore.

Se il rafforzamento del legame tra terzo settore e impresa sociale sia stata una scelta strategicamente corretta o meno è, in questa fase, poco rilevante perché ormai il quadro è stato disegnato. Più interessante, e utile, è guardare alle implicazioni di questa impostazione che non è in sé nuova, ma che comunque contribuisce a stringere su nuove basi un rapporto che, a questo punto, diventa ancor più rilevante, magari a scapito di altri contesti che potevano ambire al ruolo di “centro gravitazionale” dell’impresa sociale. Ad iniziare, ad esempio, dal movimento cooperativo, oppure, più in là, dal complesso delle piccole e medie imprese, financo alla Pubblica Amministrazione.

La decretazione del Governo contribuirà certamente a completare parti importanti della nuova veste dell’impresa sociale – basti pensare, ad esempio, alla definizione dei settori di attività e dei tetti da imporre alla distribuzione degli utili e alla remunerazione del capitale – ma già ora si profila una sfida rilevante che riguarda il terzo settore. Un ambito che, negli ultimi anni, ha manifestato più di una sofferenza nel proporsi come vero e proprio “corpo sociale” differenziato al suo interno ma coeso rispetto alla propria missione e identità. Ora, grazie alla riforma, come ricorda il senatore Lepri, non è più un concetto sociologico, ma una vera e propria componente istituzionale della società, accanto alle imprese e alla pubblica amministrazione. Finisce quindi un percorso istituente durato più di tre decenni che ora, tra le varie novità, si trova ad operare avendo il pieno “controllo” di una notevole leva imprenditoriale generatrice non solo di valore sociale, ma anche di economia e occupazione. Sarà quindi interessante verificare, nel breve/medio periodo, gli effetti della riforma sulla conformazione del terzo settore. Il suo sviluppo imprenditoriale ad esempio, visto che nel Rapporto Iris Network abbiamo identificato oltre 60mila soggetti non lucrativi diversi dalle cooperative sociali che sono market oriented e quindi, in nuce, sono nuove imprese sociali.

Al tempo stesso sarà interessante verificare se e come la cooperazione sociale si riposizionerà nel terzo settore, non tanto nelle istituzioni che lo rappresentano, ma nei processi socio-economici che questo comparto promuove e gestisce. “Solidarietà sociale”, “coesione sociale”, “cittadinanza attiva” non sono certo principi estranei al mondo dell’imprenditoria sociale, ma si tratterà di capire come verranno perseguiti attraverso modelli che recuperano legami con l’azione volontaria e la partecipazione civica tipica degli altri soggetti di terzo settore. Un legame che in origine era costitutivo, ma che nel corso del tempo si è in parte allentato, seguendo percorsi d’impresa dove questi stessi principi sono stati sempre più spesso fortemente incorporati all’interno di mercati e filiere mainstream: agricoltura, artigianato, ecc.

Un’ultima nota riguarda l’inserimento nel testo di legge della Fondazione Italia Sociale, la nuova “società veicolo” per lo sviluppo del terzo settore e dell’impresa sociale. In una riforma molto orientata a ribadire i fondamenti identitari del settore (obiettivi, ambiti di intervento, governance, rappresentanza, ecc.) prende forma un attore che opera secondo modalità e attraverso risorse in buona parte nuove per questo ambito. Forse è la principale “innovazione istituzionale” della riforma. E certamente è un altro dato politico su cui riflettere.

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