L’impresa sociale di comunità. Elementi definitori e criteri per il riconoscimento
0 commenti 18 Ottobre 2007

Marina Demozzi, Giovanna Sonda

Questo contributo presenta in forma sintetica i principali risultati delle attività di ricerca sull’impresa sociale di comunità (isc) svolte nell’ambito del progetto Equal Restore. Lo studio di buone prassi a livello nazionale e il coinvolgimento di esperti del settore ha portato alla stesura di tre report dove sono affrontate le seguenti tematiche: i) i processi di sviluppo delle isc e le soluzioni individuate a livello organizzativo; ii) i loro sistemi di governance, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti portatori di interessi diversi (gli stakeholder); iii) i fattori che definiscono “la qualità” di queste organizzazioni, a partire dal rapporto che esse instaurano con coloro che beneficiano delle loro attività.
La riproposizione in forma sintetica dei risultati mira a presentare in modo chiaro e immediato le principali questioni-chiave che riguardano l’attualità e le prospettive di sviluppo di una forma organizzativa, come l’isc, dai contorni piuttosto “fluidi” perché ancora in formazione.

Dal lavoro di ricerca è possibile enucleare le principali caratteristiche delle isc a partire dal modo in cui queste imprese declinano in termini operativi le dimensioni fondanti della loro identità, ovvero quella comunitaria e quella imprenditoriale.
La dimensione comunitaria delle isc non rappresenta tanto un fenomeno “naturale”, pre-esistente e quasi dato per scontato, ma piuttosto il frutto di un processo intenzionale e dinamico, che nasce e si evolve intorno alla capacità di combinare sistemi di relazione di tipo informale – basati su legami interpersonali e di appartenenza (politici, religiosi, culturali, di parentela, ecc.) – con relazioni formali che coinvolgono soggetti istituzionali. Questo mix di relazioni promosso dalle isc è in grado sia di sostenere risposte auto-organizzate a bisogni di sicurezza, coesione, protezione sociale (ad esempio mobilitando il volontariato), ma anche di svolgere una funzione di “cerniera” con la sfera istituzionale del welfare (soprattutto quella pubblica, ma non solo). Questi processi di raccordo tra sistemi di relazione formale e informale avvengono intorno a questioni specifiche e fortemente contestualizzate; essi richiedono quindi una costante opera di ri-composizione del ruolo e degli apporti di tutti gli attori in gioco, in modo che ciascuno di essi sia il più possibile consapevole del percorso che si trova a condividere con altri soggetti, spesso contraddistinti da un notevole livello di eterogeneità. La dimensione comunitaria si può quindi considerare, in termini generali, il frutto di una relazione biunivoca e di reciprocità tra isc e collettività: da un lato le imprese sociali hanno bisogno, soprattutto nella fase iniziale, di poter disporre di risorse provenienti dalla comunità locale e di legittimazione a sostegno della loro attività. D’altro lato, queste organizzazioni non si limitano all’utilizzo di legami pre-esistenti, ma con la loro azione fanno riemergere risorse di natura relazionale che ridanno linfa alla comunità grazie a processi di “coagulazione” intorno a specifiche iniziative. Agiscono così come soggetti in grado sia di costruire nuovi legami sociali che di riattivare quelli indeboliti.

Ulteriori elementi distintivi delle isc sono rintracciabili anche nel modo in cui esse definiscono la loro dimensione imprenditoriale. Per queste organizzazioni il principale obiettivo di impresa consiste nel mantenere un equilibrio tra la sostenibilità economica dei loro progetti e la risposta ai bisogni del territorio. Esse realizzano tale obiettivo perché sono in grado di attrarre e combinare risorse di varia natura, sia per contenuto (ad esempio non solo risorse monetarie) sia per modalità di acquisizione (non solo contratti di fornitura o re-distribuzione di risorse altrui). Questo mix di risorse che le isc sono in grado di generare è l’effetto diretto di una strategia di coinvolgimento e responsabilizzazione di diversi soggetti – i beneficiari, gli attori pubblici e privati, ecc. – che avviene attraverso la creazione di coalizioni orientate non solo a riconoscere l’esistenza di bisogni insoddisfatti o di fenomeni di esclusione e fragilità sociale, ma anche a individuare le risorse necessarie per dare loro risposta. La capacità di mobilitare risorse diverse – che per altri soggetti sarebbero considerate marginali o addirittura non sarebbero prese in considerazione – rappresenta un elemento cruciale per il funzionamento e il successo delle isc perché permette loro di realizzare due aspetti fondamentali della loro mission imprenditoriale:
* in primo luogo, sostenere una dimensione produttiva secondo criteri di autonomia (cioè non completamente dipendente dalle scelte di soggetti esterni) e di continuità (improntata a criteri di qualità e professionalità);
* in secondo luogo, “riallocare” in forma non estemporanea risorse locali per sostenere la risposta a nuovi bisogni e, in termini più generali, influenzare i meccanismi decisionali per la destinazione di nuove risorse (ad esempio in sede di definizione delle politiche territoriali, piuttosto che di rendicontazione delle attività svolte a livello economico e di impatto sociale).

Sulla base delle caratteristiche appena descritte l’isc può essere definita come un’organizzazione che opera nei sistemi di protezione sociale producendo beni e servizi che incrementano la coesione sociale attraverso processi di inclusione e sviluppo locale, a favore di comunità locali ben identificate. E’ contraddistinta da un approccio che riconosce il carattere multidimensionale ed evolutivo dei bisogni a cui è in grado di rispondervi attraendo e combinando risorse di natura diversa, grazie anche al coinvolgimento e l’integrazione in rete di altri soggetti comunitari e istituzionali.
Gli elementi definitori e di valore possono esser ulteriormente sviluppati in un set di indicatori con un duplice obiettivo: a) far emergere le esperienze di isc, riconoscendone i caratteri specifici e b) misurarne le performance attraverso indici adeguati alle loro specificità costitutive e gestionali.

Indicatori relativi alla dimensione comunitaria
* Un riferimento esplicito alla comunità come stakeholder dell’organizzazione. Le isc riconoscono la comunità come loro principale portatore di interesse, sia in veste di beneficiario delle attività svolte, ma anche come generatore di risorse e opportunità di sviluppo. Il riconoscimento della comunità avviene su base territoriale, ovvero quel contesto socio economico in cui le isc sono in grado proporre una progettualità volta a far emergere situazioni di bisogno, ma anche a mobilitare risorse per rispondervi.
* Una capacità diffusa di sviluppare relazionalità a livello informale. Le isc sono organizzazioni in grado di valorizzare e rafforzare reti di relazioni di carattere informale, soprattutto con quei soggetti che più da vicino beneficiano delle loro attività (persone, gruppi sociali, ambiti familiari, comunità locali, ecc.). Questa competenza costituisce un tratto tipico dell’azione organizzativa sia a livello strategico che operativo.
* Una connessione strutturata con i principali attori del sistema di protezione sociale. Nelle esperienze studiate durante l’indagine si sono osservati da parte delle isc orientamenti espliciti verso la costituzione di sistemi di governance territoriale attraverso la strutturazione e il consolidamento di sistemi di relazione inter-organizzativa con altri attori pubblici e privati. Le finalità possono essere diverse: programmatorie (nella maggior parte dei casi), ma anche di costituzione di vere e proprie filiere di servizi.
* L’apertura del sistema di governance e dei processi produttivi. Nelle isc sono diffusi modelli organizzativi che favoriscono la partecipazione di diversi soggetti (lavoratori, utenti, volontari, ecc.) sia al governo dell’organizzazione sia ai processi di produzione dei beni e dei servizi (ad esempio in sede di progettazione, valutazione, ecc.). L’apertura del sistema avviene non tanto attraverso vincoli di carattere normativo, ma piuttosto adottando strategie consapevoli di selezione, incentivazione e coordinamento degli stakeholder.

Indicatori relativi alla dimensione imprenditoriale
* Capacità di attrarre e combinare risorse di diversa natura. Le isc basano la loro azione imprenditoriale sulla differenziazione delle risorse necessarie per garantire la loro sopravvivenza e sviluppo. Esse sono in grado di dar vita a un mix di risorse differenziato sia per tipologia di soggetto (attori individuali e collettivi, soggetti pubblici e privati) sia per tipologia delle risorse (economiche e non, di mercato e donative, ecc.).
* Un approccio progettuale di tipo incrementale. La progettualità comunitaria delle isc si basa sull’integrazione strutturale tra sistemi di monitoraggio dei fenomeni su cui esse intervengono (la “lettura dei bisogni”) con metodologie di autovalutazione e rendicontazione delle iniziative messe in atto. Ciò consente alle isc di assumere un approccio incrementale capace di adeguare in corso d’opera obiettivi e contenuti delle azioni intraprese, adattandole alla mutevolezza e dinamicità del contesto.
* Capacità di rispondere a bisogni complessi con un orientamento all’autonomia. Le isc caratterizzano la loro azione per una capacità di “presa in carico” che si fa carico non solo dell’utente finale dei servizi ma delle sue reti informali di aiuto e supporto. Inoltre esse agiscono favorendo percorsi di emancipazione da situazioni di bisogno.
* Diffusione di sistemi organizzativi in grado di soddisfare strutture motivazionali complesse. La centralità del capitale umano nella produzione dei beni e servizi e il coinvolgimento di soggetti diversi richiede la presenza nelle isc di soluzioni organizzative (ad esempio in sede di selezione, formazione, accompagnamento, ecc.) in grado di rispondere alla complessità degli elementi motivazionali che sostengono la loro azione.

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