La “cassetta degli attrezzi” – sintesi
0 commenti 21 Settembre 2007

Coordina: Giulio Ecchia

Questa sessione si propone di far il punto sullo stato di implementazione e attuazione dei dettati della legge, ad un anno dalla sua entrata in vigore, tenendo in considerazione il fatto che i decreti attuativi non sono ad oggi ancora stati emanati. Si tenta, in particolare di evidenziare quali problemi emergono e quali direzioni di lavoro (“cassetta degli attrezzi”) si dovranno seguire quando si inizierà ad operare come imprese sociali.
Punto di partenza, formale, la creazione degli statuti: l’esperienza, quasi unica, del notaio Francescon di Belluno evidenzia già alcune difficoltà procedurali, (oltre alla mancata creazione delle sezioni specifiche presso le Camere di Commercio), nel caso di costituzione di un’impresa sociale partendo da una pluralità di soggetti che vogliono “vestire” l’abito dell’impresa sociale. Ci sono almeno quattro requisiti che devono essere verificati ed esplicitamente indicati nello statuto:
1.l’esercizio di attività legata economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale…..
2.assenza dello scopo di lucro (soggettivo)
3.divieto per le pubbliche amministrazioni e le imprese for profit, di esercitare attività di direzione e esercitare il controllo
4.prevedere l’atto costitutivo in forma pubblica, aspetto, quest’ultimo che appesantisce molto l’iter di costituzione, non fosse altro che per i costi che comporta questa eccessiva formalizzazione.
Ma quale vantaggio c’è a costituirsi come impresa sociale? L’unico chiaro è la possibilità di sfruttare “impresa sociale” come marchio, che diventerebbe maggiormente efficace se intervenissero politiche pubbliche in grado di dare vantaggio competitivo.
Secondo oggetto importante della “cassetta degli attrezzi”, la fiscalità. Se nel primo punto un minimo segnale si è avuto, dal punto di vista fiscale e tributario la situazione è di totale staticità. Il principale ostacolo al decollo di questa nuova forma d’impresa è l’assenza di benefici fiscali, oltre alla complicazione dello scenario tributario a causa della pluralità di forme giuridiche e alla conseguente difficoltà di inquadramento delle imprese sociali, oltre al fatto che la legge fa salve le agevolazioni fiscali a favore delle onlus e degli enti non commerciali.
In questa situazione , definita da Andrea Giovanardi,”de iure condendo” la massima prospettiva sarebbe di arrivare brevemente ad una disciplina tributaria specifica delle imprese sociali. Questo obiettivo dovrebbe essere perseguito in maniera sistematica e imperniarsi su tre enti che dovrebbero essere agevolati (dal punto di vista fiscale):
– gli enti non commerciali
– le imprese sociali – onlus, attraverso uno “spacchettamento” della disciplina propria delle stesse
– le imprese sociali – onlus che svolgono attività in logica erogativa, per cui anche le imprese sociali possono beneficiare della detassazione dei contributi e delle attività statutarie.
Altre modifiche minori ma non meno importanti riguardano l’allargamento alle imprese sociali (ora in vigore per le cooperative sociali), della scelta sull’IVA (esenzione o aliquota del 4%) per le attività nell’ambito dei servizi alla persona; una norma che preveda che gli enti pubblici possano deliberare, a favore delle imprese sociali, l’esenzione dei tributi di propria competenza e, infine, verificare che tali agevolazioni siano compatibili con il divieto degli aiuti di Stato a livello di disciplina comunitaria.
Terzo oggetto della cassetta degli attrezzi è la rendicontazione sociale. La si guarda, nell’ottica di Graziano Maino. Per realizzare il bilancio sociale sembra fruttuoso non tuffarsi a capofitto nell’operosità del fare. L’efficacia, la rispondenza, la sostenibilità dello strumento si alimentano di un atteggiamento riflessivo che – nelle fasi ideative, in corso d’opera e nelle pratiche d’uso – promuova la considerazione dell’azione e l’interrogarsi circa il senso del lavoro di rendiconto.
Indicazioni per orientarsi nel progettare, costruire, pubblicare e usare bilanci sociali emergono dalla valutazione degli s/nodi da affrontare. Alcune domande possono essere formulate per considerare i postulati dello strumento, le precomprensioni e le attese dei soggetti coinvolti, l’influenza del contesto, la complessità del tracciato realizzativo, la parzialità dell’ascolto delle posizioni degli interlocutori, la varietà dei contenuti trattabili, le soluzioni comunicative che verranno adottate, le particolari soluzioni d’uso.
Declinazione concreta della complessa attività di rendiconto, il bilancio sociale è un’attività narrativa che contribuisce ai processi di mutua costruzione tra l’organizzazione e il suo contesto, dispiegando effetti coevolutivi di attribuzione di rilevanza o di derubricazione delle questioni localmente significative, è strumento di influenza sugli interlocutori, è dispositivo di controllo per l’organizzazione.
Utilizzare le pratiche e gli strumenti della ricerca sociale per gestire al meglio le interazioni con gli interlocutori privilegiati è sicuramente una pratica innovativa.
La comunicazione, infine, è qui presa in considerazione da Giuseppe Ambrosio con un focus sul concetto di entrare in relazione, di far partecipare e mettere in comune. L’obiettivo che si pone quest’ultimo strumento della “cassetta degli attrezzi” sta nel cercar di far partecipare alla vita dell’impresa altri soggetti oltre al personale, ai volontari, ovvero dell’universo che sta intorno alle imprese sociali e d è strumento strategico per il mantenimento dell’organizzazione in un sistema competitivo. Nelle imprese sociali questa è una propensione innata, le imprese sociali sono fortemente orientate a comunicare all’esterno le attività che fanno, tuttavia, molto spesso esse non investono in questa attività, per motivi di tempo, di competenze e, principalmente di risorse
Il quadro che emerge in sintesi appare piuttosto statico, non solo dal punto di vista fiscale. Ma se da quest’ultimo punto di vista le possibilità di stimolare e manovrare il decollo di questa forma di impresa sono piuttosto limitate e nell’attesa che il legislatore “si muova” si può solo attivare il mondo accademico verso una definizione chiara delle esigenze specifiche, dagli altri punti di vista, della comunicazione e della rendicontazione, ad esempio, sarebbe importante uscire dalla logica della visione miope e stanca che sembra pervadere attualmente nel mondo della cooperazione sociale, per orientarsi e proiettarsi verso una visione lungimirante di dove sta andando e dove potrebbe andare questo settore importante dell’attività economica e sociale del nostro paese.

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