Tutte le strade dell’impresa sociale portano a Trento?
0 commenti 15 Giugno 2009

Ormai ci siamo. Dal primo al quattro luglio si svolgerà a Trento quello che si preannuncia come il principale evento scientifico culturale dell’anno in materia di impresa sociale. Aprirà i lavori la terza edizione del Colloquio scientifico annuale sull’impresa sociale di Iris Network e, a seguire, la seconda Conferenza internazionale sull’impresa sociale organizzata da Emes, Euricse e dallo stesso Iris Network. E’ soprattutto quest’ultimo evento a sollecitare maggiore attesa, se non altro perché la prima edizione si tenne, sempre a Trento, ben otto anni fa. Cosa è cambiato da allora? Guardando anche solo alla lista dei partecipanti emerge, da un lato, il carattere sempre meno eurocentrico degli studi – e delle prassi – sull’impresa sociale. Si tratta di una constatazione molto semplice ma dalle implicazioni altrettanto consistenti, ad esempio per quanto riguarda i fattori e le politiche che possono sostenere l’affermazione di questo fenomeno in contesti socio economici radicamente diversi da quelli che, ormai oltre trent’anni fa, hanno visto la nascita delle prime esperienze pioniere (in Italia in particolare). Un’ulteriore constatazione riguarda invece la strutturazione dei principali filoni di ricerca e riflessione teorica e con essi le caratteristiche assunte dalla sempre più ampia comunità scientifica che individua nelle organizzazioni private che producono beni di interesse collettivo il suo principale oggetto di interesse. Guardando all’edizione del 2001 l’impressione oggi è di trovarsi di fronte ad una sempre più accentuata tendenza alla diversificazione degli approcci. Se ne riconoscono almeno quattro: il primo di tipo “istituzionale” volto a cogliere le caratteristiche definiscono l’impresa sociale come attore organizzativo sui generis non riconducibile a fenomeni più o meno recenti e contigui in termini di mission, settori di attività, forme di regolazione, ecc. Il secondo è maggiormente interessato ai processi di auto-organizzazione delle comunità e della società civile in quanto fattori generativi di iniziative imprenditoriali che sono alternative ai modelli mainstream nei prodotti, nelle culture e nelle forme di gestione. Il terzo approccio vede l’impresa sociale come un nuovo stato evolutivo delle forme classiche dell’economia sociale (cooperative, mutue, associazioni), secondo una logica dello sviluppo di tipo incrementale. Infine il quarto esplora le interazioni tra impresa sociale e fenomeni quali la responsabilità sociale delle imprese e le nuove forme di filantropia ben rappresentate dalla figura del social entrepreneur. In definitiva, si può sostenere che “Trento 2009” rappresenterà un momento cruciale, ma non unitario. Tutti questi approcci e prospettive saranno infatti rappresentate (con un’enfasi sulla prospettiva istituzionalista che contraddingue alcuni dei promotori della Conferenza), ma saranno anche altri eventi (come questo) a fornire risposte a quella che oggi pare essere la questione di fondo del dibattito. L’impresa sociale ha raggiunto una rilevanza e legittimazione (anche a livello conoscitivo) tale da poter aprire una nuova fase del suo sviluppo? Se nei primi anni 2000 l’identità era il tema di fondo per un soggetto emergente (non a caso il principale prodotto di Emes fu, all’epoca, una definizione), oggi è necessario porre le basi per diversificare le espressioni di una forma imprenditoriale chiamata confrontarsi in modo strutturato con le altre soggettività istituzionali della società contemporanea. Se però mancano, anche nei contributi scientifici, elementi di certezza rispetto alle caratteristiche costitutive, il rischio è che l’impresa sociale si dissolva, o mantenga la sua esistenza solo all’interno di nicchie (territoriali, settoriali, ecc.) che, nei fatti, impediscono un completo dispiegamento delle sue potenzialità di innovazione sociale.

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