Social Enterprise Exchange: diario scozzese
0 commenti 29 Marzo 2012

Organizzato martedì 27 marzo a Glasgow da Social Enterprise UK, Social Enterprise Scotland e CEiS, Social Enterprise Exchange è l’evento che per la prima volta mette insieme i due meeting sull’impresa sociale organizzati annualmente in Inghilterra e Scozia: Voice e S2S. Un interessante mix tra conferenza e “trade fair”, anche se gli organizzatori amano definirlo “the world’s biggest social enterprise event”. Più di 1200 partecipanti da 26 paesi, 150 espositori, 40 relatori, ospitati presso il centro congressi di Glasgow. Un programma intenso composto di plenarie, workshop, masterclasses, azione di network con gli espositori. Una densità di proposte forse troppo alta, una sorta di maratona dell’impresa sociale. Comunicazioni brevi, dirette e mirate lasciano a volte un senso di mancanza di approfondimento; ma non sembra essere lo scopo di un evento come questo, dove a prevalere è l’aspetto relazionale e di networking.

Si respira ottimismo e potenzialità per il mondo del terzo settore anglosassone (anche alla luce del ben accolto Big Society Capital), nonostante il taglio sia a volte troppo autocelebrativo e poco attento al confronto con il movimento dell’impreditoria sociale esterno al suolo di sua maestà.

L’intervenuto Chuka Umunna, ministro ombra del Labour Party, cerca di illustrare quale ruolo possa avere l’impresa sociale nell’attuale contesto economico. Per trasformare il sistema verso un capitalismo produttivo più responsabile, serve un impegno congiunto delle politiche e della ricerca di “good productive business practices”, che possono essere incarnate a pieno merito dal modello dell’impresa sociale, che racchiude, sia per propria natura che per evidenza, valori di sostenibilità e inclusione sociale. Le imprese sociali hanno quindi il compito di ergersi a modello e di guardare al futuro investendo sul lungo termine, con attenzione alla globalizzazione e innovazione.

Passano invece sotto traccia le parole del ministro inglese Nick Hurd  (minister for Civil Society), presente in modalità del “videomessaggio”, trasmesso, e non commentato, in plenaria in un momento di cambio sessione, in mezzo al via vai dei partecipanti. Hurd ricorda come gli interventi del governo possano essere un enorme potenziale per le imprese sociali, attraverso il Big Social Capital e la recente approvazione del Pubblic Services (Social Value Act), grazie al quale tutte le istituzioni pubbliche saranno tenute a considerare il valore economico, sociale e ambientale nella commissione dei servizi.

Peter Holbrook (CEO di Social Enterprise UK) ha sottolineato come l’imprenditoria sociale inglese si sia spostata da una zona d’ombra a una posizione mainstream, in grado di rispondere a grandi sfide quali la lotta alla disoccupazione e alla disuguaglianza sociale. Per fare questo auspica una maggior apertura a collaborazioni con nuovi partners e con attori del for profit. Inoltre ha sottolineato come un sentimento serpeggiante di “anti” business (recentemente inasprito dal caso della A4e, la welfare-to-work company ancora sotto i riflettori per rinnovata frode) sia in realtà una lama a doppio taglio per il settore dell’impresa sociale e si augura di proseguire nella già intrapresa aumentata consapevolezza di “saper fare business” come imprescindibile per il posizionamento del terzo settore nel contesto economico globale. Concetto ripreso a più voci, quello di porsi come obiettivo un aumento delle capacità imprenditoriali in senso stesso, o come dicono loro, essere “business ready”. Fraser Kelly (Social Enterprise Scotland) chiude la plenaria finale con l’auspicio di smarcarsi dal “third sector” a favore del “social enterprise business”.

Che cosa sia, poi, social enterprise, non importa o meglio, come emerso da una chiacchierata con un consulente durante la fiera, “it doesn’t matter”. Tutto ciò che in qualche modo ha finalità sociali è impresa sociale. Indistintamente. Nella pluralità di forme che contraddistinguono il mondo dell’imprenditoria sociale anglosassone.

La maggioranza degli stand presenti in fiera sono società di consulenza, poi istituzioni bancarie, di investimento e fung raising al terzo settore, e varie imprese sociali: servizi, prodotti locali, telefonia, ICT, energie rinnovabili, incubatori, comunicazione, catering (ottimo quello offerto durante l’evento), ambiente etc. Interessante l’opportunità delle “1-1 clinics”: un partecipante prenota uno spazio ed ha a disposizione mezz’ora di tete-a-tete con un consulente da lui scelto, in situazione protetta. Una nota di colore: i delegati hanno potuto fare la conoscenza di Edvige, la mitica civetta di Harry Potter, che assieme ad altri quattro i compagni (gufi e barbagianni) occupava uno stand di un centro di addomesticamento animali. Che e’ un’impresa sociale.

commenti