L’emendamento inglese
0 commenti 9 Gennaio 2013

Appena chiusa in Italia, la questione della distribuzione degli utili generati dall’impresa sociale riappare nel Regno Unito. Il contesto normativo è completamente differente, ma i termini generali sono simili e meritano di essere discussi. Il ministero della salute inglese, infatti, ha da poco approvato una normativa che fa seguito a una precende disposizione che obbliga alcune strutture del servizio sanitario pubblico (il mitico NHS) a trasformarsi in impresa sociale. Tra le forme giuridiche previste, oltre alle canoniche Community Interest Company e charity, anche altre forme d’impresa a patto che nello statuto dichiarino di perseguire finalità di interesse generale per la comunità e soprattutto che distribuiscano meno del 50% dei profitti agli azionisti. Inoltre è richiesto un “asset lock” patrimoniale, prevedendo che in caso di chiusura il patrimonio venga trasferito a un’altra impresa sociale. Non sono mancate, anche in questo caso, le critiche da parte delle organizzazioni “istituzionali” dell’imprenditoria sociale. Critiche che si sono concentrate su due aspetti: la vaghezza della missione sociale attribuita a questo nuovo schema giuridico e la possibilità che le nuove imprese sociali possano essere controllate da soggetti esterni, magari da parte stessi degli enti pubblici dai quali le imprese sociali dovrebbero rendersi autonome vanificando così lo spinout. La discussione è aperta!

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