Tecnologia e sociale: quale ruolo per l’impresa sociale?
0 commenti 26 Febbraio 2016

Francesca Battistoni
(Social Seed | IUAV Università di Venezia)

 

L’età ibrida è una nuova epoca socio-tecnologica che emerge mano a mano che le tecnologie si fondono tra di loro e gli esseri umani con queste, un’epoca nella quale “la natura umana cessa di essere una verità distinta e immutabile” e “la tecnologia è diventata pervasiva come l’aria che respiriamo” (Kanna, Kanna, 2013). L’influsso della tecnica sulla vita dell’uomo oggi non riguarda solo le dinamiche relazionali o politiche ma anche l’impatto generativo sulla produzione economica, sui sistemi sanitari, educativi e di welfare.

Negli ultimi vent’anni il rapporto tra la dimensione tecnologica e la sfera sociale ha subito profondi mutamenti che – senza entrare nella dimensione filosofica ma riferendoci a come il tema dell’innovazione sociale sia entrato nel discorso pubblico (e quindi alla conseguente relazione con il concetto di tecnologia) – possiamo descrivere in tre fasi (non necessariamente in senso cronologico):

  • subordinazione del sociale alla tecnologia;
  • reazione dell’innovazione sociale e neutralità della sfera tecnologica;
  • tecnologia come strumento e sociale come dimensione generativa del valore.

Nella prima fase, in cui si inizia a parlare di innovazione sociale (contemporanea), ossia negli anni 1995-2000 (Mulgan, 2011), il discorso sull’innovazione presta attenzione quasi esclusivamente all’ambito scientifico-tecnologico. Si tratta di una scelta intenzionale che fonda le sue ragioni nel bisogno crescente di semplificare una realtà sempre più complessa attraverso misurazioni, catalogazioni, valutazioni più semplici che iniziano ad investire l’ambito del management. In quegli anni, nei dibattiti di ambito soprattutto UK, la nozione di social innovation ha un potere evocativo: riesce a immergerci nel campo dei bisogni sociali e afferma l’esistenza di una sfera sociale in continua tensione con quella economica, riportando la dimensione del sociale nel discorso pubblico e riposizionando i bisogni sociali collettivi in una posizione privilegiata nel paradigma di sviluppo. Tuttavia, l’ambiguità nell’uso della parola “social”, in una continua oscillazione tra la sua componente tecno-relazionale e un’altra che guarda all’essere umano in relazione alla sua comunità, ha posto dei seri problemi di analisi: il sociale non viene trattato né giustificato da definizioni o a partire dall’analisi del fenomeno sociale stesso, ma piuttosto identificato o re-inviato alla sfera della tecnologia (non a caso l’innovazione nelle politiche europee è stata sempre “innovazione tecnologica”, fino poi a diventare innovazione sociale).

Nella seconda fase, che abbiamo chiamato di reazione dell’innovazione sociale e neutralità della tecnologia, ci si accorge che senza la costruzione di un progetto, e quindi di un’analisi puntuale e di un quadro di senso, rischiamo di assumere la tecnologia aprioristicamente e acriticamente. In questa prospettiva si comincia a discutere di una tecnologia che abilita il sociale dove l’impresa sociale viene ancora posta alla fine della catena di produzione del valore quasi come se fosse essa stessa uno strumento di innovazione tecnologica.

Nella terza fase, che è quella che osserviamo in questi anni e che potrebbe mutare molto velocemente, la tecnologia si mette a servizio dell’innovazione sociale e del sistema di welfare tanto che parliamo di digital social innovation (Digital Social Innovation, 2015) come di un nuovo campo in cui si sviluppano modalità innovative di organizzare molti degli elementi essenziali della vita, dal denaro alla salute, dalla democrazia e all’istruzione. Secondo il recente rapporto europeo l’innovazione sociale digitale ha il potenziale per contribuire a tre delle più importanti sfide europee: reinventare i servizi pubblici (spesso con modalità meno onerose), reinventare le comunità (e come le persone collaborano insieme) e reinventare attività meglio rispondenti ai bisogni umani. La tecnologia, in questa ottica, diventa strumento di innovazione sociale con duplice obiettivo: serve per amplificare l’impatto sociale di un progetto o per personalizzare un prodotto o servizio sulla base delle necessità di particolari tipi di utenza.

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Questo articolo, scritto da Francesca Battistoni in occasione del Workshop sull’impresa sociale 2015, rimane quanto mai attuale. Scarica l’Albo del Workshop o leggi gli altri saggi brevi dedicati. 

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