Il carattere sui generis delle cooperative di comunità
0 commenti 8 Maggio 2017

Riportiamo un’estratto della riflessione di Flaviano Zandonai (Blog di Euricse, 26 aprile 2017) sulla natura multiforme delle cooperative di comunità; ispirate da un caso studio, emergono conoscenze solo in apparenza residuali, ma che in realtà evidenziano il carattere sui generis delle cooperative di comunità.

 

[…] Ulteriori tracce di un percorso di ricerca sulle cooperative di comunità sono emerse da un pomeriggio passato a Molina di Ledro in Trentino in compagnia della cooperativa So.L.E. Un’impresa che guardando alle attività caratteristiche appare impegnata in via quasi esclusiva nella costruzione di impianti fotovoltaici a favore dei propri soci. Ma se invece si rincorrono e catturano le esternalità legate a svariati altri progetti emerge un risultato d’impresa ben più articolato e complesso. Un impatto sul contesto sociale economico che vale la pena di riassumere non attraverso un “elenco della spesa” rappresentato dalle singole iniziative intraprese nel corso dei suoi primi dieci anni di vita, ma piuttosto individuando alcune macro funzioni che catalizzano tante attività “varie ed eventuali” trasformandole nel “core business” di un’organizzazione che individua nella comunità territoriale la sua missione e, al tempo stesso, il suo principale fattore di produzione.

La prima funzione è quella di brokering, di aggregatore di risorse altrimenti sparse per il territorio. In senso stretto si è trattato, ad esempio, di proporre impianti fotovoltaici centralizzati e non solo sui singoli tetti dei soci. Questo per un tema di equo accesso alle risorse, consentendo a tutti di accedere alla produzione (anche a chi ha una casa con il tetto non ben esposto ai raggi solari) e anche per fare “massa critica” ed economie di scala rispetto alla produzione. Ma non solo: la cooperativa – grazie a una partnership con la locale cassa rurale che peraltro ha svolto il ruolo di “business angel” nella sua fase di avvio – ha consentito ai soci di accedere più facilmente alle risorse finanziarie per la costruzione degli impianti grazie alla sottoscrizione di una fidejussione unica che ha socializzato il rischio e consentito di incrementare la scala dell’investimento.

La seconda funzione è quella di laboratorio: per So.L.E. si è trattato infatti di un “decennio glorioso” guardando al ruolo di pioniere svolto rispetto a soluzioni tecnologiche dove non è facile cogliere l’elemento di valore aggiunto, ma che procedono secondo modalità di “prototipazione rapida” per cui è importante disporre di un soggetto in grado di testare queste tecnologie in quando esse hanno tempi di obsolescenza o, all’opposto, di affermazione sul mercato molto rapidi. Si va dai pannelli solari fino agli accumulatori di energia passando per micro turbine installate a ridosso degli acquedotti e pensiline dove ricaricare auto e bici elettriche per intercettare la domanda di turismo sostenibile che risale il vicino lago di Garda popolato da “turisti consapevoli” provenienti dal nord Europa. Un’attività di testing che risulterebbe rischiosa e costosa, sia per gli utilizzatori finali, costretti ad aggiornare la loro dotazione tecnologica a ritmo costante, sia per centri di ricerca spesso invischiati in contorte attività di “trasferimento tecnologico”.

La terza funzione si potrebbe invece definire di incubazione. So.L.E è anche un luogo nel quale sono, a vario titolo, transitate competenze e talenti del territorio: dai giovani neo laureati e in stage ai professionisti del montaggio degli impianti. Un’attività molto intensa che, in alcune fasi, ha quasi configurato la cooperativa come uno di quegli incubatori di startup e spazi di coworking che costellano sempre più i contesti urbani. Un hub nei fatti che ha accompagnato la carriera di professionisti, micro imprese, dipendenti di altre aziende, in qualche caso in un contesto di collaborazione, in altri addirittura in concorrenza con le attività della cooperativa.

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