Vecchi e nuovi ostacoli sulla via dell’impresa sociale
0 commenti 12 Febbraio 2008

Antonio Fici
I tanto attesi decreti ministeriali sull’impresa sociale sono stati finalmente emanati. È così venuto meno un altro impedimento alla completa operatività della disciplina dell’impresa sociale, anche se rimane forse quello più importante (soprattutto per le imprese sociali, quali le società, che non possono di per sé aspirare alla qualifica di ONLUS), ovverosia la mancanza di una disciplina fiscale di agevolazione, tanto più avvertita adesso che i decreti ministeriali pongono ulteriori oneri all’impresa sociale.
A dire il vero, si pone un ulteriore ostacolo sulla via dell’impresa sociale. Due decreti ministeriali fanno infatti rinvio ad alcuni “schemi” di atto da elaborarsi da parte dell’Agenzia per le ONLUS entro 90 giorni dalla pubblicazione dei decreti in Gazzetta Ufficiale. Tale “rinvio del rinvio”, se per un verso può scoraggiare chi pensava che finalmente si fosse giunti al traguardo, per altro verso testimonia la concreta necessità di una Authority indipendente e tecnica sul terzo settore, che in sede di redazione del decreto 155 il legislatore non ha voluto (o non ha potuto) istituire.
Nel merito, i decreti ministeriali non modificano la sostanza dell’impresa sociale (né poteva essere diversamente stante l’oggetto del rinvio). Ritroviamo qualche opportuno chiarimento sulla disciplina ma anche diverse lacune di previsione.
Ad esempio, il d.m. sul calcolo della prevalenza chiarisce che, là dove sia legittimo ai sensi della disciplina civilistica applicabile all’ente, il bilancio dell’impresa sociale potrebbe essere redatto secondo il principio della cassa (e non della competenza).
Non si esplicita però (così come invece si è fatto per altre voci) l’irrilevanza di contributi pubblici e liberalità private ai fini del calcolo del 70%, né la modalità di evidenziazione in bilancio delle entrate dall’attività principale di utilità sociale.
Il d.m. sul calcolo della prevalenza trascura poi completamente le imprese sociali strumentali (per intenderci, quelle di cui all’art. 2, comma 1, lett. m), che per loro natura svolgono attività prevalentemente con i soci controllati o controllanti. Per queste imprese si renderà allora necessaria un’interpretazione adeguatrice del decreto in punto di calcolo del 70%, perché se esso si applicasse alla lettera (là dove esclude dal computo delle entrate rilevanti ai fini del calcolo quelle nascenti da rapporti infra-gruppo), le imprese sociali strumentali non potrebbero mai superare la soglia richiesta.
Rimane infine non chiarito il profilo sanzionatorio, cioè cosa accada nell’ipotesi del mancato raggiungimento della soglia del 70%. E si tratta di un punto importante, perché il d.lg. 155 sembra dire che l’impresa sociale in tal caso perde la qualifica (e dunque anche il patrimonio) senza possibilità di appello.
Il d.m. sul bilancio sociale adotta uno schema rigido di redazione di questo documento, e ciò nell’interesse di chi controlla, dei beneficiari e di tutte le potenziali controparti dell’impresa sociale.
Questo d.m., però, dimentica le imprese sociali di inserimento lavorativo (più in generale, deve riconoscersi che la loro considerazione è stata pressoché nulla in tutti i decreti), le quali dovranno dunque adattare lo schema normativo di bilancio alla propria particolare natura. Così come non dedica specifica attenzione ad alcuni profili di governance che pure sono importanti per tracciare la dimensione sociale dell’impresa.
Il d.m. sul registro delle imprese trascura invece di considerare l’ipotesi di un ente che non nasce impresa sociale ma “si trasforma” in impresa sociale. Richiedere a quest’ultimo gli adempimenti imposti all’impresa sociale di nuova costituzione sarebbe particolarmente e inutilmente oneroso. Meglio sarebbe stato se il d.m. avesse esplicitato la possibilità per gli enti già iscritti di chiedere il mutamento di sezione (da quella ordinaria a quella sociale) o l’assegnazione anche alla sezione delle imprese sociali, nonché il “trasferimento” o comunque l’utilizzazione della documentazione già depositata, senza necessità di un nuovo deposito (salvo per quanto necessario a dimostrare l’avvenuta acquisizione della qualifica di impresa sociale).
Il d.m. sulle operazioni straordinarie e sulla cessione d’azienda, infine, non risolve alcune particolari questioni che questi atti già ponevano sulla base del d.lg. 155/2006.
Per la spiegazione e l’approfondimento di tutti questi profili e per l’esame di ulteriori, mi permetto di rinviare ad un mio più ampio scritto in corso di pubblicazione nell’ultimo numero della rivista Impresa sociale.

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