Colloquio scientifico: chi c’era e chi no
0 commenti 10 Giugno 2013

Si è da poco conclusa la settima edizione del Colloquio scientifico sull’impresa sociale, realizzata a Torino dall’Osservatorio economia civile della Camera di Commercio e da Iris Network. Un’edizione da record per quanto riguarda il numero di partecipanti (circa 170), nel corso della quale sono stati presentati e discussi 45 papers in undici sessioni tematiche intervallate da plenarie e sessioni speciali dedicate ad approfondire implicazioni gestionali e di policy. Materiali utili per poter essere ulteriormente affinati e divulgati anche attraverso la rivista Impresa Sociale utilizzando la procedura di submission.

Difficile riassumere nel dettaglio i contenuti emersi, mentre invece è possibile evidenziare le tendenze generali che caratterizzano la produzione di conoscenza in materia di impresa sociale. Operazione che può essere effettuata considerando sia i temi intorno ai quali si è concentrata una parte significativa dei contributi presentati, sia le questioni che tradizionalmente hanno conosciuto una certa attenzione, ma che invece in questa edizione sono apparse in secondo piano.

Il rapporto tra impresa sociale e innovazione sociale ha riscosso grande interesse. Un tema che nella produzione di policy making presenta ampi margini di sovrapposizione e che vari contributi hanno approfondito cercando di “misurare” l’overlapping grazie soprattutto a case histories di successo. Il percoso appare ancora agli inizi, in particolare per quanto riguarda la produzione di indicatori di impatto sull’innovazione prodotta dalle imprese sociali. Un aspetto, quest’ultimo, parecchio ricercato soprattutto per fare da “guida” agli investimenti sociali che, soprattutto all’estero, giocano un ruolo chiave nel determinare le politiche e le strategie di sviluppo dell’imprenditoria sociale. Altro argomento che ha riscosso un certo interesse è l’emergere di nuove start-up di impresa sociale che si distinguono non tanto per il loro recente apparire, ma per l’utilizzo di forme giuridiche ai limiti o al di fuori del perimetro normativo e a partire da contesti diversi dal settore non profit e dell’economia sociale, come ad esempio le start-up innovative a vocazione sociale. Peraltro la questione delle nuove imprese sociali non riguarda solo i modelli giuridici, organizzativi e gestionali, ma investe anche l’antropologia dell’imprenditore sociale, in termini di competenze e di culture di riferimento.

Tra i temi meno approfonditi si segnala l’evoluzione dei sistemi di welfare, soprattutto di quel “primo welfare” – il mix tra pubblico e privato sociale – che vive una fase di profonda crisi e comunque rappresenta un ambito ancora centrale per molte imprese sociali alle prese con importanti processi di change management. Allo stesso modo sono mancati contributi sulla teoria dell’impresa sociale, in una fase in cui, come ricordato in precedenza, le definizioni e i modelli interpretativi sono messi sotto pressione dall’emergere di nuovi approcci e dal confronto sempre più ravvicinato e articolato tra le produzioni scientifiche europea e statunitense.

La discussione è aperta e la prossima tappa è fissata a Liegi per la Conferenza internazionale della rete Emes.

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