Le imprese sociali che tornano a investire
0 commenti 24 Aprile 2016

La propensione all’investimento delle imprese sociali (tema della scorsa edizione del Workshop sull’impresa sociale di Iris Network) è una variabile cruciale per l’evoluzione di questo ecosistema imprenditoriale. Le scelte compiute dalle organizzazioni e dai loro principali interlocutori rappresentano le condizioni per l’avvio di un nuovo ciclo di vita dell’impresa sociale, volto ad affermare questo modello d’impresa come uno dei principali fattori di sviluppo economico e di coesione sociale.

E’ il caso de La Polveriera di Reggio Emilia, uno dei più importanti investimenti della cooperazione sociale su asset immobiliari da destinare ad attività di interesse collettivoDopo una rincorsa di oltre 5 anni spesa tra progetti e lavori di ristrutturazione, l’ex-polveriera militare ha riaperto le porte con l’inaugurazione del centro diurno per persone con disabilità realizzato dalla cooperativa sociale Coress, a cui seguirà a breve un centro residenziale.

L’investimento nella riqualificazione degli edifici – un bene pubblico che resta di proprietà dell’amministrazione comunale di Reggio Emilia ed è tutelato dalla Soprintendenza – è messo in atto dal consorzio Oscar Romero e da alcune delle più importanti cooperative sociali reggiane aderenti al consorzio, che sulla Polveriera hanno avviato nuove scommesse imprenditoriali e di innovazione per la comunità. Il consorzio ha ottenuto la concessione del diritto di superficie per cinquant’anni (fino al 2063 e poi la struttura tornerà pubblica) a fronte di un ingente impegno economico (quasi 5 milioni di euro).

Un altro caso virtuoso è da ricercare in Trentino, dove sta prendendo corpo un vero e proprio distretto dell’economia sociale. E’ stato infatti siglato un accordo tra la Provincia Autonoma di Trento, Trentino Sviluppo (società di sistema della provincia per la crescita imprenditoriale e l’innovazione) e una rete composta da 21 organizzazioni nonprofit che fanno a capo alla cooperativa sociale A.L.P.I. per la nascita di Dis.Ter, il primo Distretto Industriale Solidale del contoterzismo trentino. Nell’ambito di questo distretto, un importante cluster di realtà industriali trentine, tra cui anche alcuni grandi gruppi internazionali, esternalizzeranno alcune produzioni, soprattutto quelle ad alta intensità di manodopera, affidandole ai lavoratori impiegati dalla rete e nei diversi laboratori territoriali. Attualmente le aziende clienti della rete sono una ventina e generano un volume d’affari pari a 1,4 milioni di euro.

La cooperativa A.L.P.I. investirà nei prossimi due anni 2 milioni di euro, passando da 280 a 330 persone impiegate in percorsi di reinserimento lavorativo e di socializzazione al lavoro. La Provincia Autonoma di Trento sosterrà il progetto mediante l’acquisizione di una parte dell’immobile sede della cooperativa, per un valore di 1 milione di euro, che verrà quindi rimesso a disposizione della stessa cooperativa attraverso un contratto di locazione. Anche Confindustria, nell’ottica di promozione della rete dell’economia industriale solidale promossa da A.L.P.I., si impegnerà a farne conoscere le potenzialità presso i propri associati, favorendo una maggiore consapevolezza dell’importanza delle relazioni tra società profit e imprese nonprofit, favorendo inoltre lo sviluppo trasversale della rete in termini sociali, produttivi e finanziari.

Per le imprese sociali si avvia dunque un nuovo ciclo di sviluppo e propensione all’investimento? Esistono sicuramente molte buone pratiche ed una leva di imprenditori sociali capaci di assumersi rischi imprenditoriali consistenti, anche se questo non è ancora un movimento di valenza sistemica. Una rinnovata prospettiva di investimento passerà dall’ideare e costruire sempre più progettualità che prevedano una collaborazione consistente tra imprese sociali, pubbliche amministrazioni e imprese profit, in un’ottica di co-produzione di beni e servizi di interesse collettivo. E da nuovi assetti delle reti economiche locali, auspicando – come nel caso di Dis.ter – che i distretti industriali possano incorporare sempre più elementi di inclusione, socialità e sostenibilità.

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