Le parole del Colloquio: la tavola rotonda
0 commenti 3 Luglio 2009

L’innovazione attraversa anche l’impresa sociale. Dopo lo sforzo in senso definitorio e regolativo che ha caratterizzato la produzione scientifica e normativa negli ultimi anni – e che in Italia ha portato all’approvazione di una legge (n. 118/05) in fase di stentata applicazione – si sta aprendo una nuova fase dove oggetto di attenzione sono i driver del cambiamento. Di questo si sta discutendo in questi giorni a Trento nell’ambito di due convegni: il Colloquio scientifico e la Conferenza internazionale sull’impresa sociale organizzati da Emes e Iris Network (le reti europea e italiana dei centri di ricerca sull’impresa sociale) con il sostegno di Euricse la nuova fondazione per la ricerca sulle imprese cooperative e sociali. “Sono almeno tre le direttrici dell’innovazione – afferma Marco Musella dell’Università Federico II di Napoli – che coinvolgono i mercati – chiave dell’impresa sociale: output, lavoro e finanziario”. Rispetto ai beni prodotti vi è una chiara tendenza ad aprirsi verso settori caratterizzati da una presenza significativa di soggetti nonprofit con scarsa valenza (e consapevolezza) imprenditoriale – cultura, ambiente, ecc. – piuttosto che dalla competizione con soggetti pubblici e for profit (sanità, educazione). Ciò richiede di agire non solo sul contenuto dei prodotti, ma su dimensioni di valore, come il carattere relazionale, che rimandano a particolari posizionamenti nel mercato, ma anche alla capacità di attrarre risorse di altra natura (donative, non economiche, ecc.) che opportunamente combinate contribuiscono a definire un inedito – e difficilmente replicabile – modello di sostenibilità imprenditoriale. Nel mercato del lavoro la sfida principale consiste invece nel saper accumulare un capitale umano professionalmente competente ma anche ricco di cultura civica e valori solidaristici, attraverso uno specifico modello di “relazioni industriali” capace di remunerare anche con benefici di tipo extraeconomico strutture motivazionali così complesse. Sui mercati finanziari, a cui le imprese sociali si affacciano attraverso soggetti specialistici ma anche operatori “generalisti”, si gioca invece la possibilità di disegnare traiettorie di sviluppo di medio lungo periodo e di patrimonializzare gli investimenti a favore di comunità locali e gruppi sociali che rappresentano i principali fruitori dei beni di interesse collettivo prodotti da queste imprese. Un caso tipico è la ristrutturazione e la destinazione a nuove forme d’uso di “community assets” (strutture di enti religiosi, beni confiscati alle mafie, proprietà immobiliari di fondazioni d’impresa) per dar vita ad attività di turismo sociale, cure di lungo periodo per persone disabili, attività agricole per l’inserimento al lavoro di persone ex carcerate e così via. Su questi temi si incentra l’interesse di una comunità scientifica sempre più vasta e diversificata. Alle conferenze trentine sono 200 ricercatori provenienti da oltre 36 paesi. L’impresa sociale è sempre meno eurocentrica e più aperta a contributi provenienti da contesti economici e sociali – come il sud est asiatico e l’africa – radicalmente diversi da quelli in cui il concetto è stato elaborato ormai una trentina d’anni fa. Ed inoltre cambiano anche gli approcci: non solo studiosi di economia sociale e nonprofit, ma anche rappresentanti delle business-school che affrontano il tema secondo l’ottica manageriale dei casi di eccellenza e della misurazione delle performance. “L’impressione – sostiene Carlo Borzaga, animatore dell’evento trentino – è di un complesso di conoscenze teoriche ed empiriche che con un ulteriore sforzo di elaborazione e sintesi può accettare la sfida, posta dalla congiuntura attuale, di proporre una realistica ridefinizione dei fondamentali del sistema economico e sociale, aprendo finalmente un varco nel dualismo stato – mercato che, su entrambe i fronti, ha manifestato evidenti fallimenti”. Ciò richiede – aggiunge Giulio Ecchia dell’Università di Bologna – che l’imprenditoria sociale sia portatrice di una nuova teoria del valore, sostanziandola attraverso un adeguato sistema di accountability frutto di un lavoro multidisciplinare”.

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